Motivi per NON vivere in Corea del Sud
Livelli di stress alle stelle
Come del resto accade per moltissime culture asiatiche, la Corea del Sud è certamente nota per i suoi livelli di intensità. Sin da quando i coreani sono bambini, infatti, vengono inseriti in una società improntata ad un raggiungimento di obiettivi estremi. Non è un caso che moltissimi siano costretti a studiare in delle accademie che possono essere considerate delle vere e proprie pentole a pressione, all’interno delle quali devono studiare per tantissime ore al giorno. Prima che in anni recenti la Corte Costituzionale coreana si esprimesse imponendo un divieto, le scuole private soprattutto nelle città principali come Seoul e Busan rimanevano aperte fino alle tre del mattino. Tuttavia, questo approccio è così radicato nella società che il divieto viene comunque aggirato e dopo aver passato ore sui libri gli studenti delle superiori si ritrovano all’interno di una sorta di aula studio privata che affittano assieme e possono occupare durante tutta la notte. Una volta cresciuti e usciti dall’ambiente scolastico, gli adulti sono tenuti a lavorare a lungo e si dimostrano spesso prigionieri di posti di lavoro stressanti. L’ironia di tutto ciò è che sembra non portare a nulla e che lo stress in realtà non risulta in nulla se non in uno scenario paradossale, poiché la Corea vanta alcuni tra i tassi di produttività più bassi al mondo.
Un popolo schiavo della vanità
La società coreana ruota attorno al ruolo centrale dell’aspetto estetico: la vanità non è tanto un peccato, quanto un vero e proprio culto collettivo. Se anche da noi il selfie è sempre più lo specchio delle nostre abitudini e di quanto prestiamo attenzione alla nostra immagine, i coreani portano questo approccio all’esasperazione. Capita spesso quando ci si siede in un locale pubblico ed essere circondati da uomini e donne che fissano per molto tempo la fotocamera frontale del proprio telefono. L’obiettivo non sempre è quello di fare un autoscatto, quanto quello di rimirarsi per controllare la propria immagine. È innegabile dunque che la società della Corea del Sud si basi largamente sull’aspetto estetico: gran parte del valore percepito di una persona che abita in questo Paese dipende dalla facciata esteriore dell’individuo. Non è un caso inusuale che una donna occidentale venga giudicata se non ci si trucca in maniera accurata, fino ad arrivare a commenti aperti sul suo aspetto, che può apparire agli occhi di un coreano malato oppure stanco. Non si tratta di un’offesa personale quanto piuttosto di un riflesso automatico, derivante dalla cultura e dalla pressione alla quale le persone sono sottoposte nella società. Le città sudcoreane sono cosparse di specchi ovunque e Seul è nota come la capitale internazionale della chirurgia plastica. Le stime parlano estremamente chiaro: all’incirca una donna su cinque si è sottoposta ad almeno un intervento di chirurgia plastica nel corso della propria vita. Si tratta di un’immagine sicuramente molto forte, che riesce a rendere perfettamente quanto i coreani siano in un certo senso incapaci di riconoscere la propria bellezza naturale, essendo ossessionati da un ideale irrealistico e spesso irraggiungibile. Ciò può comportare sicuramente un senso di inadeguatezza e alienazione nel Paese.
Una cultura collettivista che lascia poco spazio all’individuo
In Corea del Sud non vige certamente un tipo di cultura individualista, come invece può definirsi quella che sta alla base di molte società occidentali, in particolare nei Paesi anglosassoni. In cosa si traduce tutto ciò? I coreani generalmente mettono la comunità prima dei propri bisogni: che si tratti di un piccolo ambito, come una famiglia, fino a contesti collettivi più ampi come la propria città o il proprio Paese. Ecco dunque che i bisogni personali vengono messi in secondo piano e si tende a mettere poco in discussione ciò che dice la società. Il ruolo della tradizione è davvero predominante e guida tuttora molte delle azioni dei coreani del Sud, che sono tenuti a fare quel che si dovrebbe fare. In qualsiasi ambito della vita, la pressione sociale è fortissima e allo stesso tempo lo è il controllo. Se ciò che va fuori dalla norma, così come ciò che è diverso, viene guardato in maniera sospetta in molte società del mondo, in Corea tale tendenza viene esasperata ancora di più. Ciò si collega al punto che vi illustrerò nel prossimo paragrafo, che rappresenta uno dei principali problemi per un italiano in Corea.
Occhio allo straniero: la poca inclusività del popolo sudcoreano
Come è facile intuire da quanto vi ho illustrato nei paragrafi precedenti, i coreani del Sud sono mossi da un forte orgoglio nazionale, che però tende ad avere dei risvolti decisamente negativi in alcuni casi. Ad esempio, quel che può accadere molto spesso è che è i coreani tendono ad essere molto diffidenti nei confronti degli stranieri. Nonostante il paese abbia conosciuto una forte ondata di immigrazione da quarant’anni a questa parte, tuttora l’approccio all’integrazione rimane davvero molto difficile ed è sicuramente uno dei motivi per cui non è consigliabile vivere in Corea del Sud, a meno che non ci si prepari a questo tipo di scenario. Una situazione comune per i non coreani è quella di vedersi negato l’accesso ad alcuni servizi principali. Ad esempio, i taxi spesso tendono ad ignorare gli occidentali che hanno bisogno di una corsa. Si tratta di una consuetudine così diffusa che persino il governo è dovuto intervenire in merito, introducendo delle sanzioni per i tassisti che continuano a rifiutarsi di prendere in carico i non coreani. Un altro contesto nel quale ci si può accorgere della scarsa inclusività che caratterizza il popolo sudcoreano è durante gli eventi pubblici, all’interno dei quali le organizzazioni prevedono delle sezioni separate per gli stranieri.